Costoro avevano paura, si vantavano, si rallegravano, s'indignavano, manifestavano svariati pareri credendo di sapere ciò che facevano e di farlo per sé; tutti, invece, erano strumenti involontari della storia e andavano lavorando a un'opera il cui senso, per loro, restava occulto, mentre a noi appare affatto comprensibile. Tale è la sorte immutabile di tutti gli uomini d'azione; e tanto meno essi sono liberi, quanto più in alto si pongono nella gerarchia umana.
Oggi gli attori degli eventi del 1812 hanno da gran tempo lasciato i loro posti; i loro interessi personali sono svaniti senza lasciare traccia, e davanti a noi stanno unicamente i risultati storici di quel periodo.
Ma supponiamo che le genti d'Europa dovessero, sotto la guida di Napoleone, inoltrarsi a fondo nella Russia e qui perirvi: ecco che allora la contradditoria, insensata, feroce attività degli uomini che parteciparono a quella guerra appare al nostri occhi pienamente comprensibile.
La Provvidenza ha fatto sì che tutti quegli uomini, nell'atto stesso di raggiungere i propri interessi personali, cooperassero di fatto alla realizzazione di un grandioso risultato globale di cui nessun uomo (né Napoleone, né Alessandro, né tantomeno coloro che partecipavano direttamente alla guerra) aveva la minima nozione.
Adesso a noi appare chiaro ciò che nel 1812 è stata la causa della rovina dell'esercito francese. Nessuno sarebbe disposto a contestare che la causa della rovina delle truppe francesi di Napoleone sia stata, da un lato, la loro avanzata in una stagione ormai troppo tarda senza la minima preparazione a una campagna invernale nel cuore della Russia, dall'altro, il carattere assunto dalla guerra in seguito all'incendio delle città