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   Capitolo XVII   

   
   Dopo la partenza dell'imperatore, la vita di Mosca aveva ripreso a scorrere secondo l'ordine abituale e il fluire di questa vita era anzi così consuetudinario che era difficile ricordarsi delle giornate trascorse, piene di entusiasmo e di slancio patriottico, e difficile credere che effettivamente la Russia fosse in pericolo e che i membri del Club inglese fossero contemporaneamente figli della patria, pronti a fare qualsiasi sacrificio per essa. L'unica cosa che facesse ricordare lo stato d'animo, entusiasta e patriottico, che aveva predominato durante il soggiorno dell'imperatore a Mosca, era la richiesta delle contribuzioni in uomini e in denaro che, non appena erano state proposte, avevano assunto una forma giuridica e ufficiale, e sembravano inevitabili.   
   Con l'avvicinarsi del nemico a Mosca, il modo di considerare la propria situazione, da parte dei moscoviti, non soltanto non era divenuto più serio, ma al contrario, più leggero che mai, come sempre accade quando gli uomini vedono avvicinarsi un pericolo grave. All'avvicinarsi di un pericolo, sempre due voci con uguale forza parlano nell'intimo dell'uomo: una voce gli dice sempre assennatamente di riflettere sulla natura del pericolo e sui mezzi per evitarlo; l'altra, ancora più assennata, gli dice che pensare a un pericolo è troppo penoso e tormentoso quando prevedere tutto, e sottrarsi all'andamento generale delle cose, non è in potere dell'uomo e perciò è meglio distogliersi dalle cose penose finché non sono sopraggiunte, e pensare piuttosto a quelle piacevoli. In solitudine l'uomo è piuttosto sensibile alla prima voce, in compagnia, al contrario, alla seconda. Così accadeva adesso anche ai moscoviti. Da molto tempo gli abitanti di Mosca non si erano divertiti tanto come in quell'anno.   

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