denari da lui richiesti per equipaggiare il reggimento non si potevano procurare se non vendendo una tenuta. L'amministratore generale, tutto sommato, cercava di far capire a Pierre che tutti quei progetti del reggimento lo avrebbero portato alla rovina. Pierre nascondeva a stento un sorriso, ascoltando l'amministratore.
«Ebbene, vendete una tenuta,» disse. «Cosa volete che faccia, adesso non posso più tirarmi indietro!» Quanto peggiore era la situazione di ogni cosa e, in particolare, dei suoi affari privati, tanto più Pierre era soddisfatto; e tanto più era evidente che la catastrofe, da lui attesa, si stava avvicinando. Ormai in città non c'era quasi più nessuno dei suoi conoscenti. Julie era partita, la principessina Mar'ja era partita. Dei conoscenti stretti erano rimasti solamente i Rostov; ma Pierre non andava da loro.
Quel giorno, per distrarsi un po', Pierre andò nel villaggio di Vorontsovo a vedere il grande pallone aerostatico che Leppich stava costruendo per annientare il nemico, e un pallone di prova che doveva essere lanciato il giorno seguente. Il pallone non era ancora pronto, ma, come Pierre aveva saputo, veniva costruito per desiderio dell'imperatore. L'imperatore aveva scritto al conte Rastopèin la lettera seguente a proposito di questo pallone:
«Aussitôt que Leppich sera prêt, composez-lui un équipage pour sa nacelle d'hommes sûrs et intelligents, et dépêchez un courrier au général Koutousoff pour l'en prévenir. Je l'ai instruit de la chose.
Recommandez, je vous prie, à Leppich d'être bien attentif sur l'endroit où il descendra la première fois, pour ne pas se tromper et ne pas tomber dans les mains de l'ennemi. Il est indispensable qu'il combine ses mouvements avec le général-en-chef.»