Napoleone cavalcava per il campo, scrutava, pensieroso, i luoghi, scuoteva il capo ora con approvazione ora con diffidenza, e, senza comunicare ai generali che lo circondavano il profondo corso di pensieri che guidava le sue decisioni, trasmetteva soltanto le sue conclusioni definitive sotto forma di ordini. Dopo aver ascoltato la proposta di Davout, chiamato principe di Eckmühl, di aggirare il fianco sinistro dei russi, Napoleone disse che non era necessario spiegare perché non lo fosse. Alla proposta, poi, del generale Compans (che doveva attaccare le flèches) di condurre la sua divisione attraverso la foresta, Napoleone manifestò il proprio consenso, sebbene il cosiddetto duca di Elchingen, ossia Ney, si fosse permesso di osservare che il movimento attraverso la foresta era pericoloso e avrebbe potuto disordinare la divisione.
Dopo aver ispezionato il terreno di fronte al ridotto di Ševardino, Napoleone rifletté per qualche istante in silenzio e indicò i luoghi dove dovevano essere piazzate per l'indomani due batterie per operare contro le fortificazioni russe, e i luoghi in cui, accanto ad esse, doveva disporsi l'artiglieria da campagna.
Dopo aver dato questi ed altri ordini, ritornò al suo accampamento e, sotto sua dettatura, fu scritto il piano della battaglia.
Questo piano, di cui gli storici francesi parlano con entusiasmo e gli altri storici con profondo rispetto, era il seguente:
«All'alba, due nuove batterie, piazzate durante la notte sulla pianura occupata dal principe di Eckmühl, apriranno il fuoco contro le due opposte batterie nemiche.
Nello stesso tempo, il comandante dell'artiglieria del I corpo, generale Pernetti con trenta cannoni della divisione Compans e con tutti gli obici delle divisioni di Dessaix e di Friant si porterà avanti, aprirà