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   «L'ho sentito dire,» rispose Gerasim.   
   «Ti prego di non dire a nessuno chi sono io. E fa quello che ti dirò...»   
   «Sissignore,» disse Gerasim. «Desiderate mangiare?»   
   «No, è d'altro che ho bisogno. Ho bisogno di un vestito da contadino e di una pistola,» disse Pierre, arrossendo improvvisamente.   
   «Sissignore,» disse Gerasim dopo aver riflettuto.   
   Il resto di quella giornata Pierre lo passò da solo nello studio del benefattore, camminando inquieto da un angolo all'altro, come Gerasim poteva udire, e parlando fra sé; vi trascorse anche la notte, su un giaciglio che gli fu preparato lì dentro.   
   Gerasim, da vecchio servitore che s'è abituato a vederne di tutti i colori, accettò senza stupirsi il trasloco di Pierre e sembrava addirittura contento di aver qualcuno da servire. Quella sera stessa, senza neanche domandarsi a cosa potesse servire, procurò a Pierre un caffetano e un berretto, e promise di comprare per l'indomani la pistola richiesta. Quella sera Makar Alekseeviè si avvicinò due volte alla porta dello studio ciabattando con le sue calosce, e si fermò lì, fissando Pierre con uno sguardo che chiedeva amicizia. Ma, non appena Pierre si voltava verso di lui, quello, vergognoso e rabbioso, richiudeva i lembi della sua vestaglia e si allontanava in fretta. Pierre s'imbatté nei Rostov appunto mentre, indossando il caffetano da mercante che Gerasim gli aveva procurato e lavato, andava con lui a comprare la pistola presso la Torre di Sucharëv.   
   

   Capitolo XIX   

   

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