Indice   [800x750]    Website Info


straccio di vestito, dove avrei dovuto portarlo?... E poi, uno screanzato, Eccellenza. «Come? - dice - io sono figlio di generale; con te non ci vengo.»   
   «Vazza di animale!» disse Denisov. «Io dovevo intevvogavlo...»   
   «Ve l'ho interrogato io,» disse Tichon. «Lui diceva: «Ne so poco.» Dei nostri, diceva, ce n'è molti, ma tutti in cattivo stato, ormai sono soldati solo di nome. Vi basta dire ah! e li prendete tutti,» concluse Tichon lanciando un'occhiata allegra e decisa a Denisov.   
   «Te ne faccio dave io un centinaio di quelle buone e vedvemo se continuevai a fave lo scemo,» disse severamente Denisov.   
   «Ma perché vi arrabbiate,» disse Tichon, «e che, non li ho visti forse i vostri francesi? Appena fa buio, te ne porto quanti ne vuoi, anche tre.»   
   «Sù, muoviamoci,» disse Denisov.   
   E fino al posto di guardia, cavalcò accigliato in silenzio.   
   Tichon li seguiva a piedi e Petja sentì i cosacchi che lo prendevano in giro a proposito di certi stivali che aveva gettato in un cespuglio.   
   Quando in Petja si esaurì l'ilarità provocata dalle parole e dal sorriso di Tichon e capì in un battibaleno che quel Tichon aveva ucciso un uomo, provò un senso di malessere. Si voltò a guardare il tamburino prigioniero e sentì una fitta al cuore. Ma fu un malessere passeggero. Sentì il bisogno di tenere il capo più eretto, di darsi un tono e di interrogare con aria competente l'esaul sull'impresa dell'indomani in modo da non sembrare indegno della compagnia in cui si trovava.   
   L'ufficiale che era stato mandato in cerca di notizie si incontrò per la strada con Denisov e lo informò che Dolochov sarebbe arrivato di lì a poco e che da parte sua tutto andava bene.   

Questo capitolo in: Inglese Francese Tedesco Avanti