aggiunse, rivolgendosi con voce di rimprovero al comandante di battaglione. «Ah, mio Dio!» aggiunse ancora, e fece un passo avanti con decisione. «Signori comandanti di compagnia!» gridò la sua voce assuefatta al comando. «Sergenti maggiori!... Arriverà presto?» aggiunse poi, rivolto all'aiutante di campo, il quale sopraggiungeva con un'espressione di rispettosa cortesia che evidentemente si riferiva alla persona di cui si parlava.
«Fra un'ora, penso.»
«Faremo in tempo a cambiar tenuta?»
«Non saprei, generale...»
Il comandante del reggimento, avvicinandosi personalmente alle file, diede disposizione affinché gli uomini si cambiassero di nuovo e indossassero i pastrani. I comandanti di compagnia si misero a correre in mezzo alle compagnie; i sergenti maggiori si diedero da fare (i pastrani erano tutt'altro che in ordine), e nel medesimo istante i quadrati, fino a quel momento regolari e silenziosi, cominciarono a ondeggiare, ad allungarsi e a ronzare di voci. Soldati accorrevano e si allontanavano di corsa in ogni direzione, piegavano all'indietro le spalle, si gettavano gli zaini al di sopra della testa, prendevano i pastrani e, sollevando le braccia, le introducevano nelle maniche.
Dopo mezz'ora tutto era tornato come prima; salvo che i quadrati da neri erano diventati grigi. Il comandante del reggimento uscì di nuovo con andatura traballante portandosi di fronte al reggimento e lo squadrò da lontano.
«E questo adesso cos'è? Cos'è questo?» si mise a gridare fermandosi. «Comandante della terza compagnia!»
«Il comandante della terza compagnia dal generale! Il comandante dal