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sua magrezza, o la mattina scrutava allo specchio il proprio viso infossato, tale - le sembrava - da suscitare compassione. Le pareva che così dovesse essere e nello stesso tempo provava sgomento e tristezza.   
   Un giorno salì di corsa al piano di sopra e le venne l'affanno. Subito, inconsciamente, si inventò una cosa da fare da basso e da lì corse di nuovo di sopra per provare le proprie forze e potersi osservare.   
   Un'altra volta chiamò Dunjaša e la sua voce vacillò. La chiamò ancora una volta sebbene ne avesse udito i passi; la chiamò con quella voce di petto con cui di solito cantava e si ascoltò.   
   Non lo sapeva e non l'avrebbe creduto, ma sotto quello strato di fango che le sembrava impenetrabile e che aveva sommerso la sua anima, già cominciavano a spuntare sottili e teneri, giovani fili d'erba, che avrebbero finito col mettere radici e col ricoprire con i loro germogli pieni di vita il suo dolore, cosicché presto esso sarebbe scomparso del tutto. La ferita guariva dal di dentro.   
   Alla fine di gennaio la principessina Mar'ja partì per Mosca e il conte insistette affinché Nataša partisse con lei in modo da poter consultare dei medici.   
   

   Capitolo IV   

   
   Dopo lo scontro presso Vjaz'ma, dove Kutuzov non era riuscito a trattenere le proprie truppe desiderose di sbaragliare, tagliar fuori e così via, il successivo movimento dei francesi in fuga e dei russi che li inseguivano era proseguito fino a Krasnoe senza che vi fossero altre battaglie. La fuga dei francesi era così veloce che l'esercito russo non riusciva a tener loro dietro, i cavalli della cavalleria e

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