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in attesa. L'obiettivo delle truppe russe era di inseguire i francesi. L'itinerario dei francesi era ignoto e perciò, quanto più da presso le nostre truppe inseguivano i francesi, tanta più strada finivano col percorrere. Solo tenendosi a una certa distanza, era possibile tagliare per la via più breve i zig-zag compiuti dai francesi. Tutte le sapienti manovre, che i generali proponevano, consistevano sempre in spostamenti di truppe e aumenti delle tappe di marcia, mentre l'unica cosa ragionevole da farsi era diminuire queste tappe. E a quest'obiettivo, per tutto il corso della campagna, da Mosca fino a Vilno, fu rivolta l'attenzione di Kutuzov, non occasionalmente né temporaneamente, ma in modo così costante che non vi derogò nemmeno una volta.   
   Non con l'intelligenza o con la scienza, ma con tutta la sua natura di russo Kutuzov sapeva e sentiva ciò che sentiva ogni soldato russo: che i francesi erano vinti, che i nemici scappavano e che bisognava accompagnarli fuori dai confini; ma nello stesso tempo sentiva come ogni soldato tutto il peso di quella campagna inaudita per la rapidità e per la stagione dell'anno in cui si svolgeva.   
   Ai generali invece, soprattutto ai generali non russi, che desideravano distinguersi, stupire, far prigioniero un duca o un re, a questi generali, ora che ogni battaglia risultava turpe e insensata, pareva che fosse il momento giusto per dar battaglia e vincere qualcuno. Kutuzov si limitava a stringersi nelle spalle quando costoro, uno dopo l'altro, gli presentavano piani che coinvolgevano soldati quasi scalzi, senza pellicce, affamati che nel giro di un mese, pur senza sostenere combattimenti, si erano ridotti della metà e che nel migliore dei casi, se la fuga dei francesi continuava con quel ritmo, dovevano ancora percorrere - per arrivare al confine - uno spazio maggiore di quello già percorso.   

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