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Andrej pareva di conoscere. «Hai paura dell'ignoto, ecco come stanno le cose. Hai un bel dire che l'anima se ne andrà in cielo... tanto lo sappiamo che il cielo non esiste, ma esiste semplicemente l'atmosfera.»   
   Di nuovo la voce virile interruppe l'artigliere:   
   «Su, offriteci un po' del vostro liquore a base di erbe, Tušin,» disse.   
   «Ah, è il capitano senza stivali che era dal vivandiere,» pensò il principe Andrej, riconoscendo con piacere la gradevole voce che filosofava.   
   «Il liquore posso anche offrirlo,» rispose Tušin, «però, poter sapere com'è la vita futura...» Ma non concluse il discorso.   
   In quel momento nell'aria echeggiò un sibilo sempre più vicino, più veloce e distinto. Poi la granata, come se non avesse finito di dire tutto ciò che doveva, esplose al suolo a breve distanza dalla baracca proiettando terriccio tutt'intorno con forza disumana. La terra parve gemere sotto quel colpo inaudito.   
   In quello stesso istante dalla capanna emerse per primo il piccolo Tušin con la piccola pipa stretta in un angolo della bocca. La sua faccia buona e intelligente era pallida. Dietro di lui sbucò l'uomo della voce virile, un gagliardo ufficiale di fanteria che prese a correre in direzione della sua compagnia, abbottonandosi la giubba.   
   

   Capitolo XVII   

   
   Il principe Andrej rimase fermo a cavallo presso la batteria, guardando il fumo del cannone da cui era partita la granata. I suoi occhi spaziarono su tutta la linea. Egli vide che le masse dei francesi, fino a poco prima

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