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aveva incontrato due anni prima in casa di Anna Pavlovna. C'erano anche un altissimo dignitario e un precettore svizzero che un tempo era stato dai Kuragin. Tutti tacevano in modo solenne, ascoltando le parole del presidente che reggeva nelle mani il martello. Nel muro era incastrata una stella fiammeggiante; da una parte della tavola si vedeva un piccolo arazzo con varie figure; dall'altra, una specie di altare con un Vangelo e un teschio. Intorno alla tavola, poi, c'erano sette grandi candelabri simili a quelli delle chiese. Due fratelli condussero Pierre fino all'altare, gli disposero i piedi ad angolo retto e gli ordinarono di coricarsi, dicendo che egli doveva prosternarsi alle soglie del tempio.   
   «Prima deve ricevere la cazzuola,» sussurrò uno dei fratelli.   
   «Ah, basta, per piacere,» disse un altro.   
   Senza obbedire, Pierre si guardò attorno, smarrito, con i suoi occhi da miope. A un tratto lo colse un dubbio: «Dove sono? Che cosa faccio? Mi stanno forse prendendo in giro?» Ma questo dubbio durò solo un istante. Egli si volse a guardare i volti austeri delle persone che lo circondavano, si ricordò di tutto ciò per cui era passato fino a quel momento, e comprese che non poteva fermarsi a metà strada. Spaventato dal suo stesso dubbio, cercò di risuscitare in sé il sentimento di commozione che aveva provato prima, e si prosternò alle porte del tempio. In effetti quel sentimento di commozione lo assalì con intensità più forte di prima. Quando ormai era a giacere da qualche tempo, gli fu ordinato di alzarsi e gli fecero indossare un grembiule bianco eguale a quello che portavano gli altri; poi gli posero nelle mani una cazzuola e tre paia di guanti, e a questo punto il grande maestro gli rivolse la parola. Gli disse che doveva sforzarsi di non macchiare in alcun modo il biancore di quel grembiule, simbolo della forza e dell'innocenza; poi, a proposito di

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