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schioccare, e respirava in modo regolare.   
   Vedendolo, il principe Andrej ne fu felice come se ormai l'avesse già dato per perduto. Si chinò e, come gli aveva insegnato sua sorella, saggiò con le labbra se il bambino avesse la febbre. La tenera fronte era madida; egli sfiorò la testa con la mano: anche i capelli erano madidi, il bimbo sudava molto. Non soltanto non era morto, ma ora appariva evidente che la crisi era finita e che si stava riprendendo. Il principe Andrej ebbe voglia di afferrare, di strapazzare, di stringersi al petto quel piccolo essere inerme; ma non osò. Stava chino su di lui, contemplando la sua testa, le sue manine, le sue gambette che si delineavano sotto la coperta. Udì accanto a sé un fruscio e sotto il baldacchino del letto gli parve di scorgere come un'ombra. Non si voltò e, sempre guardando il viso del bimbo, ne ascoltava il respiro regolare. Quell'ombra scura era la principessina Mar'ja che si era avvicinata al lettino a passi silenziosi e aveva sollevato la cortina, lasciandola quindi ricadere dietro di sé. Senza voltarsi, il principe Andrej la riconobbe e le porse una mano. Lei gliela strinse.   
   «È tutto sudato,» disse il principe Andrej.   
   «Stavo appunto per venire a dirtelo.»   
   Il bambino nel sonno si mosse appena, sorrise e strofinò la fronte contro il guanciale   
   Il principe Andrej guardò la sorella. Nella penombra opaca del baldacchino, gli occhi raggianti della principessina Mar'ja scintillavano più del solito, a causa delle lacrime di felicità che vi erano sospese. La principessina Mar'ja si protese verso il fratello e lo baciò, impigliandosi un poco nella cortina del lettino. Si fecero un cenno di minaccia, si trattennero ancora nell'opaca luce del baldacchino come se

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