richiesta.
Da principio la richiesta di Berg era stata accolta con una perplessità per lui poco lusinghiera. Era parso strano che il figlio di un oscuro nobiluccio della Livonia chiedesse la mano di una contessina Rostova; ma il tratto precipuo del carattere di Berg consisteva in un così ingenuo e bonario egoismo che anche i Rostov, senza quasi accorgersene, pensavano che il partito dovesse essere vantaggioso, giacché lui stesso era fermamente convinto che fosse buono, anzi, addirittura ottimo. Per di più il patrimonio dei Rostov era molto dissestato, cosa che il pretendente non poteva ignorare; soprattutto Vera aveva già ventiquattro anni, andava a tutti i ricevimenti e a tutti i balli, e sebbene fosse indubbiamente bella e giudiziosa, nessuno aveva mai chiesto la sua mano. Quindi fu dato il consenso.
«Ecco, vedete,» diceva Berg al suo camerata, che chiamava amico solo perché sapeva che tutti hanno degli amici. «Ecco, vedete, io ho calcolato ogni cosa: non mi sposerei se non avessi pensato a tutto e se questo non fosse stato opportuno da ogni punto di vista. Adesso, però, mio padre e mia madre hanno l'esistenza assicurata, ho procurato loro quelle terre in affitto nelle provincie del Baltico, e io potrò vivere a Pietroburgo grazie al mio stipendio, al suo patrimonio e alla puntualità che mi è propria. Potrò vivere bene. Non mi sposo per i soldi, non lo ritengo dignitoso, ma bisogna che la moglie metta del suo, così pure il marito. Io ho la carriera, lei ha le sue relazioni e un po' di mezzi. E questo ai nostri tempi significa pure qualcosa, non è così? Ma, soprattutto, lei è una bellissima fanciulla, è una ragazza per bene, mi ama...»
Berg arrossì ed ebbe un sorriso.
«E anch'io l'amo, perché ha un'indole giudiziosa ed è molto buona. Sua