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   «Be', questa non è una ragione sufficiente, mammina.»   
   «Ah, Dio mio! Dio mio! Com'è grave!» proruppe la madre.   
   

   Capitolo XVII   

   
   Dopo che Anna Michajlovna si era recata con il figlio dal conte Kirill Vladimiroviè Bezuchov, la contessa Rostova era rimasta lungamente a sedere sola, premendosi il fazzoletto sugli occhi. Alla fine aveva suonato il campanello.   
   «Ebbene, mia cara,» aveva detto con stizza alla ragazza che si era fatta attendere per qualche minuto. «Non volete più stare a servizio qui? Ditelo che vi troverò un altro posto.»   
   La contessa era turbata dal dolore e dall'umiliante povertà della sua amica e perciò era di cattivo umore, cosa che in lei si manifestava sempre chiamando la cameriera «mia cara» e dandole del voi.   
   «Scusate...» disse la cameriera.   
   «Pregate il conte di venire da me.»   
   Questi con la sua andatura barcollante si avvicinò alla moglie, l'aria un po' colpevole, come sempre.   
   «Che sauté au madère di selvaggina, ma chère! L'ho assaggiato; non ho sbagliato a dare mille rubli per Taras. Li vale!»   
   Sedette accanto alla moglie, appoggiando saldamente i gomiti sulle ginocchia e si diede un'arruffata ai capelli grigi.   
   «Che cosa comandate, mia contessa?»   
   «Ecco, amico mio... Ma che cos'è quella macchia?» esclamò lei indicando il panciotto. «Quello è sauté, immagino,» commentò con un sorriso. «Si tratta di questo, conte: ho bisogno di denaro.»   

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