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misteriosamente spuntare da dietro la spalla del vicino in bottiglie avvolte in una salvietta, dicendo: «dry-madera» oppure «ungherese» oppure «Rhein-Wein». Lui metteva sotto la bottiglia il primo che gli capitava dei quattro bicchieri di cristallo con lo stemma del conte che posavano davanti a ogni coperto e beveva con piacere, guardando gli ospiti con espressione sempre più affabile. Nataša, di fronte a lui, guardava Boris come le ragazzine di tredici anni guardano un ragazzo che hanno appena baciato per la prima volta e di cui sono innamorate. Ma quello stesso sguardo a volte si posava su Pierre, e sotto gli occhi di quella buffa e vivace ragazzina, anche a lui veniva voglia di ridere senza capirne la ragione.   
   Nikolaj era seduto accanto a Julie Karagina, lontano da Sonja, e parlava di nuovo con lei con quell'involontario sorriso. Sonja sorrideva in modo convenzionale, ma si capiva che era tormentata dalla gelosia: ora impallidiva, ora arrossiva e tendeva l'orecchio con tutte le sue forze a ciò che dicevano fra loro Nikolaj e Julie. La governante si guardava attorno inquieta, come preparandosi a dar battaglia se a qualcuno fosse venuto in testa di far torto ai bambini. L'istitutore tedesco si sforzava di imprimersi nella memoria tutti i tipi di pietanze, desserts e vini per poter poi descrivere tutto nei più minuti particolari nella lettera che avrebbe scritto ai familiari in Germania, ed era molto offeso per il fatto che il maggiordomo con la bottiglia avvolta nella salvietta lo trascurava. Il tedesco si accigliava, cercava di far vedere che lui non desiderava affatto che gli fosse elargito quel dato vino, ma si offendeva perché nessuno voleva rendersi conto che il vino non gli premeva per calmare la sete o per ingordigia, ma per il suo coscienzioso desiderio di apprendere.   

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