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guerra fosse Napoleone.   
   «Eh, mon cher général,» lo interrupe nuovamente Murat, «je désíre de tout mon coeur que les Empereurs s'arrangent entre eux, et que la guerre commencée malgré moi se termine le plus tôt possible,» proferì nel tono dei servitori che vogliono restare buoni amici nonostante la rottura di rapporti fra i loro padroni.   
   E tosto passò a chiedere del granduca, a informarsi della sua salute, a rievocare il tempo trascorso con lui a Napoli in piacevoli divertimenti. Poi, come se a un tratto si fosse ricordato della sua dignità di re, Murat erse solennemente la persona, ritrovò la posa che aveva assunto durante la sua incoronazione, e agitando il braccio destro disse:   
   «Je ne vous retiens plus, général; je souhaite le succès de votre mission,» e, in uno sventolio delle piume e del rosso mantello ricamato, in un brillio di pietre preziose, mosse verso il seguito che lo attendeva in atteggiamento d'ossequio. Balašëv proseguì oltre, pensando, sulla scorta delle parole di Murat, che senza indugio sarebbe stato condotto al cospetto dell'imperatore. Ma invece del tempestivo abboccamento, Napoleone venne di nuovo fermato al villaggio successivo dalle sentinelle del corpo di fanteria di Davout, come già gli era accaduto nelle linee degli avamposti, e l'aiutante di campo del comandante del corpo sopraggiunse per accompagnarlo nel villaggio, dal maresciallo Davout.   
   

   Capitolo V   

   
   Davout era l'Arakèeev dell'imperatore Napoleone: un Arakèeev non vile ma altrettanto rigido, feroce e incapace di esprimere la propria devozione altrimenti che con la ferocia.   

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