sulla larga fronte. Il collo, bianco e grassoccio, spiccava sul bavero nero dell'uniforme, e profumava d'acqua di colonia. Il volto pieno e giovanile, dal mento prominente, era atteggiato a un'espressione di condiscendente e maestosa affabilità imperiale.
Avanzò leggero e veloce, sussultando lievemente ad ogni passo, il capo eretto un poco sospinto all'indietro. Corta e precocemente ingrassata, le spalle larghe e tozze e il ventre e il petto involontariamente protesi in avanti, la sua figura aveva l'aspetto rappresentativo e imponente degli scapoli quarantenni, agiati e ben pasciuti. S'indovinava, inoltre, che quel giorno era d'ottimo umore.
Fece un cenno col capo, rispondendo al profondo e rispettoso inchino di Balašëv. Gli si fece accosto e subito si mise a parlare come un uomo per il quale ogni minuto di tempo è prezioso; e non si abbassa a preparare i suoi discorsi, convinto qual è di dire sempre ciò che conviene e nel più confacente dei modi.
«Buon giorno, generale!» disse. «Ho ricevuto la lettera dell'imperatore Alessandro che voi stesso avete recapitato e sono molto lieto di vedervi.» Fissò Balašëv con i suoi grandi occhi, ma subito distolse lo sguardo puntandolo davanti a sé, oltre il suo interlocutore.
Era evidente che la persona di Balašëv non suscitava in lui il minimo interesse. Egli attribuiva valore solo a ciò che accadeva nell'animo suo, e lo si capiva benissimo. Tutto ciò che era estraneo alla sua realtà, non aveva importanza alcuna, giacché tutto al mondo - così gli sembrava - dipendeva dalla sua volontà.
«Io non desidero né ho mai desiderato la guerra,» disse, «ma mi ci hanno costretto. Anche in questo momento (ed egli accentuò il tono delle parole) sono pronto ad accettare tutte le spiegazioni che potete darmi.»