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tasca del panciotto, la tirò fuori di nuovo, più volte se la portò al naso e alla fine si fermò di fronte a Balašëv. Rimase in silenzio, fissando ironicamente Balašëv negli occhi e poi disse con voce pacata: «Et cependant quel beau règne aurait pu avoir votre maître!»   
   A questo punto Balašëv, sentendo l'assoluto bisogno di replicare, osservò che da parte russa le cose non apparivano in una luce così tetra. Napoleone taceva, continuando a fissarlo, beffardo. Era evidente che non lo ascoltava. Balašëv continuò affermando che in Russia ci si aspettava grandi risultati, da quella guerra. Napoleone ebbe un cenno d'assenso, come a dire: «Lo so, lo so, dire così è vostro dovere, ma voi siete il primo a non credervi, siete convintissimo di quello che dico io.»   
   Alla fine del discorso di Balašëv, Napoleone levò nuovamente di tasca la tabacchiera, annusò due volte e batté sul pavimento col piede, a mo' di segnale. La porta si aprì; sdilinquendosi ossequiosamente, un gentiluomo di camera porse all'imperatore il cappello e i guanti; un altro gli diede il fazzoletto da naso. Senza neppure guardarli, Napoleone si rivolse a Balašëv:   
   «Assicurate a mio nome l'imperatore Alessandro,» disse, prendendo il cappello, «che la mia devozione è immutata: conosco e apprezzo altamente le sue elevate qualità. Je ne vous retiens plus, général, vous recevrez ma lettre à l'Empereur.» E a passi rapidi si avviò verso la porta.   
   Dall'anticamera tutti si precipitarono avanti e s'affrettarono giù per le scale.   
   

   Capitolo VII   

   
   Dopo tutto quello che gli aveva detto Napoleone, dopo quelle esplosioni

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