fosse definita la sua destinazione. Per il momento lo pregava di trattenersi presso il suo Stato Maggiore. Anatol' Kuragin, che il principe Andrej aveva sperato di trovare al fronte era invece a Pietroburgo e questa notizia lo allietò. L'interesse per quello che era il fulcro di un immenso evento bellico assorbì totalmente il principe Andrej, che fu contento di accantonare l'ira che suscitava in lui il ricordo di Kuragin. Durante i primi quattro giorni, nel corso dei quali non fu richiesto da nessuno, egli visitò tutto il campo fortificato, e con l'ausilio delle sue cognizioni e degli scambi di vedute con uomini che se ne intendevano, si sforzò di farsene un'idea compiuta. Ma il problema dell'utilità o inutilità di quel campo, per il principe Andrej rimase irrisolto. La sua esperienza militare già lo aveva convinto che in guerra i piani più meditati non significano nulla (lo aveva constatato durante la campagna di Austerlitz), ma che tutto dipende dal modo di reagire alle azioni inaspettate e imprevedibili del nemico; che tutto dipende da chi e da come viene guidata l'impresa. Per chiarire a se stesso quest'ultimo interrogativo, il principe Andrej, valendosi della sua posizione e delle sue conoscenze, si sforzò di capire quali fossero le peculiarità delle alte sfere dell'esercito, delle persone e dei partiti che le componevano e ne trasse il seguente punto di vista sulla situazione.
Fin da quando l'imperatore si trovava a Vilno, l'esercito era stato suddiviso in tre parti: la prima armata al comando di Barclay de Tolly, la seconda armata, al comando di Bagration, e la terza armata, al comando del generale Tormasov. L'imperatore risiedeva presso la prima armata, ma non in qualità di comandante in capo. Nei proclami non era stato detto che l'imperatore avrebbe assunto il comando delle truppe, ma soltanto che si sarebbe trovato di persona presso l'armata. Inoltre, il sovrano non aveva