pensiero e dicendo ogni tanto a Pfühl: «Nicht wahr, Exzellenz?» Come un uomo che, nel caso di una rissa, inferocito colpisce i suoi stessi amici, Pfühl gridava esasperato anche contro Wohlzogen:
«Nun, ja, was denn da noch expliziert werden?»
Paolucci e Michaux, in francese, assalivano a due voci Wohlzogen. Armfelt si rivolgeva a Pfühl in tedesco. Toll in russo forniva spiegazioni al principe Volkonskij. Il principe Andrej ascoltava e osservava in silenzio.
Di tutte queste persone quella che suscitava maggior simpatia nel principe Andrej era, così tenace, cocciuto, insensatamente sicuro di sé, appunto Pfühl. Fra tutte le persone presenti Pfühl era l'unica che palesemente non desiderasse nulla per sé e non nutrisse avversione per alcuno. Ambiva una cosa sola; che venisse attuato il piano elaborato secondo una teoria da lui maturata in anni di lavoro. Riusciva ridicolo, era sgradevole con la sua ironia, ma nello stesso tempo suscitava un involontario rispetto per la sua illimitata devozione all'idea. Inoltre, in tutti i discorsi di coloro che avevano preso la parola - eccettuato Pfühl - c'era un tratto comune, estraneo al consiglio di guerra del 1805: e cioè un terrore panico, ancorché nascosto, di fronte al genio strategico di Napoleone: un terrore che trapelava in ogni obiezione. Il presupposto era che per Napoleone tutto fosse possibile: si dava per possibile un suo attacco da ogni parte, e nel suo nome, motivo di tanto timore, si distruggevano a vicenda anche tutte le varie proposte. Il solo Pfühl sembrava considerare Napoleone un barbaro qualsiasi, non diverso dagli altri oppositori della sua teoria. Ma, oltre che un sentimento di rispetto, Pfühl suscitava nel principe Andrej anche un sentimento di pietà. Dal tono in cui gli si rivolgevano gli intimi della corte, da ciò