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memorabile ritornò dalla comunione col suo abito di mussola bianca, per la prima volta dopo molti mesi si sentì tranquilla, libera da ogni senso di oppressione al pensiero della vita che le si presentava dinanzi.   
   Il dottore, venuto come di consueto anche quel giorno, visitò Nataša con molta cura e le disse di continuare a prendere le polverine che le aveva prescritto due settimane prima.   
   «Continuare assolutamente a prenderle mattina e sera,» disse, con evidente, intima soddisfazione in coscienza del suo successo. «Solo, per piacere, ci vuole maggior diligenza. State tranquilla, contessa,» aggiunse poi, scherzoso, mentre con mossa destra accoglieva nel palmo della mano la moneta d'oro, «presto tornerà a cantare, tornerà a far la birichina. L'ultima medicina le ha fatto molto bene. Ha avuto un'ottima ripresa.»   
   La contessa si guardò le unghie, e per precauzione sputò due o tre volte, mentre tornava verso il salotto, il volto atteggiato a una espressione di lieta compiacenza.   
   

   Capitolo XVIII   

   
   Ai primi di luglio, si diffusero a Mosca voci sempre più allarmanti sull'andamento della guerra: si parlava del proclama dell'imperatore al popolo, dell'arrivo a Mosca dal fronte del sovrano in persona. Ma siccome fino all'11 luglio non erano giunti né il manifesto né il proclama, su di essi e sulla situazione della Russia correvano voci esagerate. Si diceva che l'imperatore partiva perché l'esercito era in pericolo; che Smolensk era stata abbandonata, che Napoleone aveva un milione di soldati e che soltanto un miracolo avrebbe potuto salvare la Russia.   
   L'11 luglio, un sabato, giunse il manifesto, ma non ancora stampato.

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