«Non avevo mai dubitato del fervore della nobiltà russa. Ma in questo giorno esso ha superato ogni mia aspettativa. Vi ringrazio a nome della patria. Ora, signori, dobbiamo passare all'azione: il tempo è la cosa più preziosa...»
L'imperatore non aggiunse altro. La folla prese a stringerglisi attorno; da ogni parte echeggiavano esclamazioni d'entusiasmo.
«Sì, la cosa più preziosa... parola dello zar,» esclamava fra i singhiozzi Il'ja Andreiè, che non aveva udito nulla ma aveva capito tutto a modo suo.
Dalla sala della nobiltà l'imperatore passò nella sala dei mercanti. Vi si trattenne per una decina di minuti. Insieme agli altri Pierre fu tra coloro che videro uscire Sua Maestà dalla sala dei mercanti con gli occhi pieni di lacrime di commozione. Come si seppe poco dopo, l'imperatore aveva appena cominciato il suo discorso ai mercanti quando il pianto gli era sgorgato dagli occhi e aveva finito di parlare con voce tremante e spezzata. Quando Pierre lo vide, usciva accompagnato da due mercanti. Uno di questi, Pierre lo conosceva: era un appaltatore, un uomo grande e grosso. L'altro era uno dei capi; con un viso giallastro e scarno, e una barbetta a punta. Tutt'e due piangevano. Il magro aveva le lacrime agli occhi, ma il grasso appaltatore singhiozzava come un bambino e continuava a ripetere:
«Prenditi anche la nostra vita, prenditi tutti i nostri beni, maestà!»
In quel momento Pierre non provava più niente se non il desiderio di mostrare che per lui nulla sarebbe stato troppo, che era pronto a sacrificare ogni cosa. Ora gli rimordeva il suo discorso a indirizzo costituzionale, ed egli cercava solo l'occasione per cancellarlo. Avendo saputo che il conte Mamonov offriva un reggimento, Bezuchov dichiarò