sempre col massimo scrupolo... Vi prego di scusarmi» aggiunse, quasi volesse trovare una giustificazione.
Ci fu un crepitio nel fuoco. Per un istante l'incendio parve calmarsi; di sotto al tetto si levarono nere volute di fumo; poi si udì uno schianto fragoroso e qualcosa di enorme crollò a terra.
«Uh!» gridò la folla, facendo eco al crollo del soffitto del fienile donde usciva un odore di biscotto a causa del grano bruciato. Le fiamme divamparono più forti, illuminando i volti eccitati, allegri e spossati delle persone che assistevano a quella devastazione.
L'uomo dal pastrano di lana ruvida levò le braccia al cielo e gridò:
«Così va bene! Tutto alla malora! Ragazzi, è così che si fa!...»
«Eppure quello è il padrone» disse qualcuno.
«Siamo d'accordo, allora,» disse il principe Andrej, rivolgendosi ad Alpatyè, «riferisci ogni cosa così come ti ho detto.»
E senza una sola parola di risposta per Berg, ammutolito al suo fianco, spronò il cavallo e si allontanò giù per il vicolo.
Capitolo V
Da Smolensk le truppe continuarono a ritirarsi. Il nemico avanzava sulle loro orme. Il 10 agosto il reggimento comandato dal principe Andrej transitava sulla strada maestra davanti al viale che portava a Lysye Gory. Il caldo e la siccità duravano ormai da più di tre settimane. Nubi a pecorella passavano ogni giorno nel cielo, e a tratti nascondevano il sole, verso sera tornava il sereno e il sole tramontava in una caligine bruno-rossastra. Soltanto una copiosa rugiada rinfrescava di notte la terra. Il grano non mietuto disseccava, gli stagni si prosciugavano, il