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per amore del mio benefattore e sovrano, mi assoggetto. Solo mi rammarico che Sua Maestà Imperiale, affidi il suo splendido esercito a mani come queste. Pensate che, in forza della nostra ritirata, abbiamo perduto per stanchezza e negli ospedali, oltre quindicimila uomini; mentre se fossimo avanzati, mai una sciagura simile si sarebbe verificata. Dite, per amor di Dio: che cosa dirà mai la nostra madre Russia, di questo panico dal quale ci lasciamo pigliare? Perché mai, dirà, abbandoniamo una patria generosa e diletta nelle mani di queste canaglie, in ogni suddito istilliamo l'odio e un sentimento di vergogna? Perché esser tanto vili? Chi dobbiamo temere? Non è colpa mia se il ministro è vigliacco, dubbioso, cacadubbi, e concentra in sé ogni caratteristica peggiore. Tutto l'esercito piange e bestemmia contro quell'uomo...»   
   

   Capitolo VI   

   
   Fra le innumerevoli classificazioni che si possono tracciare dei fenomeni della vita, questi si possono suddividere, nel loro insieme, in quelli in cui predomina il contenuto e quelli in cui predomina la forma. Nel numero di questi ultimi, in contrapposizione alla vita di campagna, agricola, provinciale e addirittura moscovita, si può designare la vita di Pietroburgo e soprattutto quella che si svolge nei salotti. Tal genere di vita è immutabile.   
   Dal 1805 noi avevamo fatto pace con Bonaparte e ci eravamo di nuovo inimicati con lui, avevamo fatto e disfatto delle costituzioni; ma il salotto di Anna Pavlovna e il salotto di Hélène erano sempre rimasti com'erano, l'uno sette anni e l'altro cinque anni prima. Da Anna Pavlovna si parlava con perplessità dei successi di Bonaparte e si vedeva, sia in

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