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così forte, che impallidì e dovette appoggiarsi alla porta per non cadere. La prospettiva di vederlo, di parlare con lui, di soggiacere al suo sguardo, ora che la sua anima era colma di quelle terribili, delittuose tentazioni, suscitava in lei un sentimento misto di gioia tormentosa e di terrore.   
   «Andiamo,» disse il medico.   
   La principessina Mar'ja entrò nella camera del padre e si accostò al letto. Egli giaceva supino con la testa sollevata: le piccole mani ossute, segnate da un groviglio di vene azzurrastre, posavano sulla coperta; l'occhio sinistro era fisso davanti a sé, il destro guardava in obliquo. Le sopracciglia e le labbra erano immobili. Era così gracile, piccolo, miserando. Il suo viso pareva essersi essiccato o dissolto, tanto i lineamenti si erano affinati. La principessina Mar'ja si avvicinò e gli baciò la mano. Quella mano sinistra strinse la sua in modo eloquente, tale da farle intendere come lui l'aspettasse da tempo. Le stringeva la mano con tenacia, mentre le sopracciglia e le labbra si muovevano rabbiosamente.   
   La principessina Mar'ja lo guardava sgomenta, sforzandosi di intuire che cosa volesse dirle. Quando, mutando posizione, lei si spostò in modo che l'occhio sinistro del padre, potesse vedere il suo volto, egli si calmò, e per qualche istante non distolse l'occhio da lei. Poi le labbra e la lingua si mossero, si udirono dei suoni ed il vecchio cominciò a parlare, guardandola timido e supplichevole, nel palese timore che sua figlia non lo capisse.   
   La principessina Mar'ja lo guardava, concentrando tutte le forze dell'attenzione. Il comico sforzo che egli faceva per muovere la lingua la costrinse ad abbassare gli occhi e a soffocare a stento i singhiozzi che

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