La principessina Mar'ja non poté capire, ma dall'espressione del suo sguardo si capiva che aveva detto una parola tenera, affettuosa, come lui non ne aveva mai pronunciate. «Perché non sei venuta?»
«E io che ho desiderato la sua morte!» pensava la principessina Mar'ja. Egli tacque.
«Grazie... figliola, amica mia... per tutto, per tutto... perdona... grazie... perdona... grazie!...» E dai suoi occhi sgorgarono lacrime «Chiamate Andrjusa,» disse a un tratto, e un'espressione di puerile timidezza e di diffidenza gli apparve sul volto, mentre faceva quella richiesta. Si sarebbe detto che lui, per primo, capisse l'assurdità di quanto aveva chiesto o così almeno parve alla principessina Mar'ja.
«Mi ha scritto una lettera,» rispose la principessina Mar'ja.
Egli la guardò, timido e stupito.
«E dov'è?»
«È al fronte, mon père, a Smolensk.»
Egli tacque a lungo, con gli occhi chiusi; poi annuì col capo, come a rispondere ai propri dubbi e a confermare che ora aveva compreso tutto. Riaprì gli occhi.
«Sì,» disse in tono chiaro e sottomesso. «La Russia è morta! L'hanno uccisa!» E di nuovo riprese a singhiozzare, mentre le lacrime gli sgorgavano dagli occhi. La principessina Mar'ja non poté più trattenersi, e pianse anche lei, senza distogliere lo sguardo da quel viso.
Il padre richiuse gli occhi. I suoi singhiozzi cessarono. Con la mano fece un segno in direzione degli occhi, Tichon capì e gli asciugò le lacrime.
Poi tornò ad aprire gli occhi e disse qualcosa: qualcosa che a lungo nessuno riuscì a comprendere e che alla fine il solo Tichon riuscì a