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intendere e a spiegare agli altri. La principessina Mar'ja aveva cercato il senso di quelle parole attenendosi ai sentimenti coi quali lo aveva udito esprimersi poc'anzi. Ora pensava che parlasse della Russia, ora del principe Andrej, ora di lei stessa, o del nipotino, o della propria morte. Per questo non aveva potuto captare il significato di quelle parole.   
   «Metti il vestito bianco, mi piace,» aveva detto il principe.   
   Quando ebbe capito queste parole, la principessina Mar'ja scoppiò in singhiozzi ancor più forti e il dottore, presala sotto braccio, la condusse fuori dalla stanza, sulla terrazza, esortandola a calmarsi e ad occuparsi dei preparativi per la partenza. Quando la principessina Mar'ja fu uscita, il principe riprese a parlare del figlio, della guerra, dell'imperatore; contrasse rabbiosamente le sopracciglia, cominciò ad alzare la sua voce rauca e fu colto dal secondo e ultimo colpo.   
   La principessina Mar'ja aveva indugiato in terrazza. Il sole splendeva, la giornata si era fatta calda e serena. Essa non era in grado di capire, di pensare, di sentir nulla ad eccezione del proprio appassionato amore per il padre che le sembrava di non aver mai conosciuto fino a quel momento. Scese in giardino, e singhiozzando, s'avviò di corsa verso lo stagno, percorrendo i viottoli bordati di giovani tigli che il principe Andrej aveva piantato di recente.   
   «Sì... io... io... io... ho desiderato la sua morte. Sì, ho desiderato che tutto finisse al più presto... Io volevo un po' di pace... E ora, invece, cosa sarà di me? Che me ne farò della pace quando lui non ci sarà più?» balbettava ad alta voce la principessina Mar'ja, camminando a rapidi passi per il giardino e premendosi con le mani il petto, donde prorompevano singhiozzi convulsi.   
   Fatto un giro del giardino, che la riportò di nuovo davanti alla casa,

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