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sguardo sui visi che le stavano dinnanzi.   
   Tutti gli occhi la guardavano con un'identica espressione, di cui lei non capiva il significato. Fosse curiosità, devozione, gratitudine, paura o diffidenza, l'espressione di tutti i visi era comunque identica.   
   «Vi siamo grati della vostra benevolenza; ma a noi non occorre prendere il grano padronale,» disse una voce dalle ultime file della folla.   
   «Ma perché?» disse la principessina.   
   Nessuno rispose, e la principessina Mar'ja, guardando la folla, si accorse che adesso tutti gli occhi di cui incrociava lo sguardo si abbassavano a terra.   
   «Perché dunque non volete?» chiese una seconda volta.   
   Nessuno rispose.   
   La principessina cominciava a sentirsi oppressa da quel silenzio. Ella cercava di cogliere lo sguardo di qualcuno.   
   «Perché non parlate?» chiese, rivolgendosi a un uomo anziano, che se ne stava davanti a lei appoggiandosi a un bastone. «Dillo, se pensi che occorra qualcos'altro. Sono pronta a qualsiasi cosa,» disse quando le riuscì di coglierne lo sguardo.   
   Ma quello, come fosse offeso, abbassò ancor di più il capo ed esclamò:   
   «E perché acconsentire? A noi non ci serve il grano.»   
   «A quale scopo abbandonare tutto? Non vogliamo... Manca il nostro consenso. Noi abbiamo compassione di te, ma non c'è il nostro consenso. Parti, tu... Va' da sola...» echeggiarono varie parti tra la folla. E di nuovo sui volti di quei contadini si dipinse la medesima espressione; adesso era non già un'espressione di curiosità e di riconoscenza, ma di accanita risolutezza.   
   «Voi non mi avete capita, ne sono certa,» disse con un triste sorriso

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