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fra le pagine un tagliacarte. Era Les chevaliers du Cygne, opera di Madame de Genlis, come il principe Andrej vide dalla copertina.   
   «Be', siediti, siediti qui, parliamo un po',» disse Kutuzov. «È triste, molto triste. Ma ricorda, amico mio, che io sono per te come un padre, un altro padre...»   
   Il principe Andrej raccontò a Kutuzov tutto ciò che sapeva sulla morte di suo padre e tutto ciò che aveva visto a Lysye Gory, quando era passato con le truppe in quella zona.   
   «A che... a che cosa ci hanno ridotti!» esclamò a un tratto Kutuzov con voce commossa, evidentemente immaginando chiaramente, dal racconto del principe Andrej, la situazione in cui si trovava la Russia.   
   «Dammi tempo, dammi tempo,» aggiunse poi, con un'espressione furiosa del viso e, non volendo evidentemente continuare quella conversazione che lo turbava, disse: «Ti ho fatto chiamare per tenerti presso di me.»   
   «Ringrazio Vostra Eccellenza Serenissima,» rispose il principe Andrej, «ma temo di non essere più adatto per i quartieri generali,» soggiunse con un sorriso che Kutuzov notò. Kutuzov lo guardò interrogativamente.   
   «E soprattutto,» riprese il principe Andrej, «mi sono abituato al reggimento, mi sono affezionato ai miei ufficiali e, a quanto pare, anche i miei uomini si sono affezionati a me. Mi dispiacerebbe lasciare il reggimento. Se rinuncio all'onore di stare presso di voi, potete credere...»   
   Sul viso grassoccio di Kutuzov splendeva un'espressione intelligente, buona e nello stesso tempo sottilmente ironica. Egli interruppe Bolkonskij:   
   «Mi dispiace, tu mi saresti stato utile; ma hai ragione, tu hai ragione. Non è qui che ci occorrono gli uomini! Di consiglieri ce n'è

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