avrebbe marciato, a cavallo, alla testa del suo reggimento; non solo, ma che avrebbe permesso a chiunque di assistere alla sfilata gratuitamente.
«Voi non risparmiate nessuno» disse Julie Drubetskaja, raccogliendo e premendo con le dita sottili, ricoperte di anelli, un ciuffo di filacce.
Julie si preparava a partire il giorno successivo da Mosca, e perciò aveva dato un ricevimento d'addio.
«Bezuchov est ridicule, ma è così buono, così caro. Che gusto c'è a essere così caustique?»
«Multa!» disse un giovane in uniforme delle milizie che Julie chiamava mon chevalier e che partiva insieme con lei per Nižnij.
Nel salotto di Julie, come in molti salotti moscoviti, si era stabilito di parlare solamente in russo; e coloro che si sbagliavano, dicendo qualche parola in francese, pagavano una multa che andava a favore del comitato per le offerte.
«Un'altra multa per francesismo,» disse uno scrittore russo che si trovava nel salotto. «Che gusto c'è a essere non è un modo di dire russo.»
«Voi non risparmiate proprio nessuno,» continuò Julie rivolta sempre al milite, senza far caso all'osservazione dello scrittore. «Per caustique faccio ammenda,» disse, «e pagherò, ma per il piacere di dirvi la verità sono disposta ancora a pagare; dei francesismi non rispondo,» si rivolse allo scrittore, «non ho né i soldi, né il tempo di prendere un maestro per studiare il russo come il principe Golitsyn. Ma eccolo,» disse Julie. «Quand on... No, no,» disse rivolgendosi al milite, «non mi coglierete in fallo. Quando si parla del sole, se ne vedono i raggi,» esclamò, rivolgendosi cortesemente a Pierre. «Stavamo appunto parlando di voi,» soggiunse, con quella libertà di mentire, particolare alle donne di mondo.