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vuol dire... che cosa vuol dire?»   
   Non fece in tempo a decidere che cosa questo volesse dire, quando, al di là della porta dello studio, si udì la voce della maggiore delle principessine che domandava il permesso di entrare.   
   «Allora vuol dire che devo raggiungere l'esercito,» concluse Pierre fra sé. «Entrate, entrate,» soggiunse, rivolto alla principessina.   
   (Nella casa di Pierre continuava a vivere solamente la maggiore delle principessine, quella dal lungo busto e il viso impietrito: le due minori si erano sposate.)   
   «Scusate, mon cousin, se sono venuta da voi,» disse con tono agitato, e pieno di rimprovero. «Ma bisogna pur decidere qualcosa una buona volta! Che cosa succederà? Tutti, ormai, sono partiti da Mosca e il popolo è in rivolta. Perché dunque noi restiamo?»   
   «Al contrario, ma cousine, tutto sembra che vada a gonfie vele,» disse Pierre con quel solito tono scherzoso che aveva ormai adottato, quando parlava alla cugina: si sentiva, infatti, sempre molto imbarazzato dalla propria parte di benefattore di fronte alla principessina.   
   «Sì, va a gonfie vele... veramente a gonfie vele! Proprio oggi Varvara Ivanovna mi raccontava come si distinguono le nostre truppe. Si fanno davvero onore. E anche il popolo è in piena rivolta, non obbedisce più; persino la mia cameriera si è messa a fare l'insolente. Se si va avanti così, presto si metteranno a picchiarci. Per le vie non sì può più girare. Ma, soprattutto, se non oggi, domani i francesi saranno qui; perché dunque indugiare? Io chiedo una cosa sola, mon cousin,» disse la principessina, «date ordine che mi portino a Pietroburgo: per quanto poco io valga, non posso vivere sotto il dominio di Bonaparte.»   
   «Ma basta, ma cousine, dove attingete le vostre informazioni? Al

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