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la terra tremava dai colpi. Alle domande di Pierre, chi avesse vinto, nessuno seppe dare una risposta. (Era la battaglia del 24 agosto a Ševardino). All'alba Pierre giunse a Možajsk.   
   Tutte le case di Možajsk erano state requisite per acquartierare le truppe e, alla locanda dove Pierre fu accolto dal suo staffiere e dal suo cocchiere, non c'era posto in nessuna stanza: tutto era pieno di ufficiali.   
   A Možajsk, e al di là di Možajsk, dappertutto c'erano truppe in sosta o in movimento. Cosacchi, fanti, soldati di cavalleria, salmerie, cassoni, cannoni spuntavano da ogni parte. Pierre era ansioso di andare avanti al più presto e, quanto più si allontanava da Mosca e si addentrava in quel mare di truppe, tanto più era sopraffatto da un'ansia piena di inquietudine e - nuovo per lui, mai provato prima - da un sentimento di gioia. Era un sentimento simile a quello che aveva provato al palazzo Slobodskoj quando era giunto l'imperatore; la sensazione della necessità di fare qualche cosa e di sacrificare qualche cosa. Provava in questi momenti un sentimento piacevole: la consapevolezza che tutto ciò che costituisce la felicità degli uomini - la comodità della vita, la ricchezza, persino la vita stessa - è un'assurdità, che si getta via con gioia, se si confronta a... A che cosa, Pierre non poteva rendersi ben conto; e non cercava neppure di chiarire per chi e per che cosa sentisse un così vivo fascino di sacrificare tutto. Non lo interessava sapere per chi sacrificarsi, ma il sacrificio stesso costituiva per lui un nuovo sentimento di gioia.   
   

   Capitolo XIX   

   

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