sapere. Oltrepassate Tatarinovo: là stanno a scavare a tutto spiano... E, quando sarete là, salite sul tumulo: di lassù c'è una buona veduta,» aggiunse.
«E di là si vede bene?... Se voi...»
Ma il dottore lo interruppe e si avviò verso il calesse:
«Vi accompagnerei io, ma in nome di Dio, ne ho fin qui - e il dottore si fece segno alla gola - sto correndo dal comandante del corpo d'armata. Vedete come vanno le cose da noi?... Sapete, conte, domani ci sarà battaglia: con centomila soldati, dobbiamo calcolare, almeno, ventimila feriti. E noi, invece, non abbiamo né barelle, né brande, né infermieri, né medici neanche per seimila uomini. Ci sono diecimila carrette, ma ci vuole anche dell'altro. Fate un po' come vi pare...»
La strana idea che, fra quelle migliaia di uomini, pieni di vita e di salute, giovani e vecchi, che guardavano con gaio stupore il suo cappello, ce n'erano sicuramente ventimila già condannati alla morte e alle ferite (e forse proprio gli stessi che lui aveva visto), colpì Pierre.
«Domani forse loro moriranno: come fanno a pensare a qualcosa di diverso dalla morte?» E a un tratto, per una certa misteriosa associazione di idee, gli tornò viva alla mente quella discesa giù dall'altura di Možajsk, le carrette cariche di feriti, lo scampanio, i raggi obliqui del sole e la canzone dei soldati di cavalleria.
«Quei soldati di cavalleria vanno in battaglia e incontrano i feriti e non riflettono, neanche un momento, a ciò che li attende, ma passano davanti ai feriti e gli strizzano l'occhio. E di questi uomini, ventimila sono condannati a morire e si meravigliano del mio cappello! È strano!» pensava Pierre, procedendo verso Tatarinovo.
Davanti alla casa di un possidente, sul lato sinistro della strada,