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strada polverosa, camminavano i sacerdoti con i paramenti sacri e un vecchio con il cappuccio, attorniato dai diaconi e dai cantori. Dietro di loro, soldati e ufficiali portavano a braccia una grande icona dal volto nero, incorniciata.   
   Era l'icona che avevano portato via da Smolensk che, da allora, era aggregata all'esercito. Dietro all'icona, intorno a essa, davanti a essa, da tutte le parti, camminavano, correvano e si prostravano a terra frotte di soldati a testa scoperta.   
   Giunta sull'altura, l'icona si fermò: gli uomini che reggevano l'icona su dei panni si diedero il cambio, i diaconi accesero di nuovo i turiboli: ed ebbe inizio la funzione. I raggi cocenti del sole battevano perpendicolari dall'alto; un leggero, fresco venticello giocava con i capelli delle teste scoperte e con i nastri che adornavano l'icona; il canto risuonava, fioco, sotto il cielo aperto. Un'immensa folla di ufficiali, soldati e miliziani, a testa scoperta, circondava l'icona. Alle spalle del sacerdote e del diacono, su uno spazio sgombro, stavano immobili gli ufficiali superiori. Un generale calvo, con la croce di San Giorgio al collo, stava proprio dietro la schiena del sacerdote e, senza farsi il segno della croce (evidentemente era un tedesco), aspettava pazientemente la fine della funzione, che forse considerava necessario ascoltare, in quanto contribuiva a eccitare il patriottismo del popolo russo. Un altro generale stava ritto in atteggiamento marziale e scuoteva, di tanto in tanto, una mano davanti al petto guardandosi in giro. Pierre, ritto in mezzo alla folla dei contadini, riconobbe, in quel gruppo di ufficiali superiori, alcuni conoscenti, ma non li guardava: tutta la sua attenzione era assorbita dall'espressione seria dei volti di questa folla di soldati e di miliziani che guardavano l'icona con identica avidità. Non

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