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lasciò cadere pesantemente in ginocchio, prostrandosi a terra, e poi cercò a lungo, senza riuscirvi, di alzarsi, impedito dalla pesantezza e dalla debolezza. La testa bianca si scuoteva nello sforzo. Finalmente si alzò e, sporgendo con un gesto infantile e ingenuo le labbra, le pose sull'icona e di nuovo s'inchinò fino a toccar terra con la mano. I generali seguirono il suo esempio; poi gli ufficiali, e dopo di loro, sospingendosi l'un l'altro, con uno scalpiccio di piedi, ansando e urtandosi, con le facce emozionate, si avvicinarono i soldati e i miliziani.   
   

   Capitolo XXII   

   
   Barcollando in mezzo alla calca che lo aveva inghiottito, Pierre si guardava intorno.   
   «Conte, Pëtr Kirillyè! Come mai siete qui?» disse la voce di qualcuno. Pierre si voltò.   
   Boris Drubeckoj, pulendosi con una mano le ginocchia che aveva imbrattato di terra (probabilmente anche lui per baciare l'icona), si stava avvicinando, sorridendo, a Pierre. Boris era vestito con eleganza, con una sfumatura marziale da combattente: indossava una giubba lunga e portava il frustino a tracolla, esattamente come Kutuzov.   
   Nel frattempo, Kutuzov era giunto al villaggio e si era seduto all'ombra della prima casa che aveva trovato, su una panca che un cosacco aveva portato di corsa e un altro si era affrettato a coprire con un tappetino. Un enorme e brillante seguito circondò il comandante in capo.   
   L'icona aveva proseguito oltre, accompagnata dalla folla. A trenta passi da Kutuzov. Pierre si era fermato conversando con Boris.   
   Pierre gli spiegava la sua intenzione di prender parte alla battaglia e

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