Evidentemente non aveva saputo trattenersi dall'esprimere quei pensieri che gli erano venuti in mente tutt'a un tratto.
«La battaglia la vince chi ha fermamente deciso di vincerla. Perché abbiamo perso la battaglia ad Austerlitz? Le nostre perdite erano quasi pari a quelle francesi, ma noi ci siamo detti troppo presto che avevamo perso la battaglia, e l'abbiamo persa. E l'abbiamo detto, perché non avevamo ragione di batterci: il nostro desiderio era di andarcene al più presto dal campo di battaglia. Già che s'è perso, scappiamo! e così siamo scappati. Se non avessimo detto questo prima di sera, lo sa Dio che cosa sarebbe successo. Ma domani non lo diremo. Tu dici: la nostra posizione, il fianco sinistro è debole, il fianco destro è troppo esteso,» proseguì, «tutte queste sono sciocchezze, tutto questo non esiste. Ma che cosa ci si aspetta domani? Cento milioni dei casi più diversi, che saranno risolti in un istante dal fatto che sono scappati o che scapperanno i francesi o i nostri, che uccideranno questo o quest'altro; ma quello che si fa adesso è tutto un gioco. Il fatto è che coloro coi quali sei andato a vedere la posizione non soltanto non cooperano all'andamento generale delle cose, ma lo ostacolano. Essi sono preoccupati solamente dei loro piccoli interessi.»
«In un momento simile?» disse con rimprovero Pierre.
«In un momento simile,» ripeté il principe Andrej, «per loro questo è semplicemente il momento in cui si può scavare sotto i piedi di un rivale e ricevere una crocetta o un nastrino in più. Per me domani, ecco come sarà: centomila uomini dell'esercito russo e centomila uomini dell'esercito francese si incontreranno per battersi, e il fatto sta che questi duecentomila uomini si batteranno, e chi si batterà con più rabbia e si risparmierà di meno, vincerà. E vuoi che te lo dica? Qualunque cosa