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manifestare. «Era un tale incanto, quel vecchio, ed era così buio nella foresta... ed erano così buoni i suoi... no, non so raccontare,» diceva, diventando rossa e agitandosi. E adesso il principe Andrej sorrideva con lo stesso sorriso di gioia con cui aveva sorriso allora, guardandola negli occhi. «La capivo,» pensò. «Non solo la capivo, ma ciò che amavo in lei era quella forza, quella sincerità, quell'apertura della sua anima, quella sua anima che sembrava un tutt'uno col corpo, era quella sua anima che amavo in lei... con tanta intensità, con tanta felicità...» E a un tratto si ricordò come fosse finito il loro amore. «Lui non aveva nessun bisogno di tutto questo. Lui non vedeva nulla di questo e non capiva nulla. Vedeva in lei una ragazza carina e fresca con la quale però non si sarebbe degnato di legare il proprio destino. E io? E lui, ancor oggi, è vivo e beato.»   
   Come se qualcuno l'avesse scottato, il principe Andrej balzò in piedi e riprese a camminare davanti alla rimessa.   
   

   Capitolo XXVI   

   
   Il 25 agosto, alla vigilia della battaglia di Borodino, il prefetto di palazzo dell'imperatore dei francesi M. de Beausset, e il colonnello Fabvier arrivarono, il primo da Parigi e il secondo da Madrid, al campo dell'imperatore, presso Valùevo.   
   Indossata l'uniforme di corte, M. de Beausset diede ordine di precederlo con un pacco che aveva portato con sé per l'imperatore ed entrò nel primo scompartimento della tenda di Napoleone, dove si accinse ad aprire la cassa, conversando intanto con gli aiutanti di Napoleone che gli si erano fatti intorno.   

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