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   Dopo aver ordinato di servirgli un punch e chiamato de Beausset si mise a parlare con lui di Parigi, di certi cambiamenti che aveva intenzione di apportare nella maison de l'impératrice, meravigliando il prefetto con la sua memoria a proposito di tutti i piccoli particolari delle faccende di Corte.   
   Si interessava di stupidaggini, scherzava sull'amore di de Beausset per i viaggi e chiacchierava in modo negligente, come fa un chirurgo celebre, sicuro di sé e che sa il fatto suo, nel momento in cui si rimbocca le maniche e indossa il camice, mentre il paziente viene legato al letto. «La faccenda sta tutta nelle mie mani e nella mia testa, chiara e definita. Quando bisognerà mettersi all'opera, io la eseguirò come nessun altro, ma adesso posso scherzare e quanto più scherzo e sono calmo, tanto più voi dovete essere sicuri, calmi e stupiti del mio genio.»   
   Finito il suo secondo bicchiere di punch, Napoleone andò a riposare prima del serio lavoro che gli sembrava dovesse attenderlo l'indomani.   
   Era così preso da questo lavoro incombente che non poté dormire e, nonostante il raffreddore che l'umidità della sera aveva accentuato, alle tre della notte, soffiandosi rumorosamente il naso, uscì nel vano della grande tenda. Domandò se i russi si fossero ritirati. Gli risposero che i fuochi del nemico erano sempre negli stessi posti. Egli fece un cenno d'approvazione col capo.   
   L'aiutante di campo di servizio entrò nella tenda.   
   «Eh, bien, Rapp, croyez-vous, que nous ferons de bonnes affaires aujourd'hui?» gli si rivolse Napoleone.   
   «Sans aucun doute, Sire,» rispose Rapp.   
   Napoleone lo guardò.   
   «Vous rappelez-vous, Sire, ce que vous m'avez fait l'honneur de dire à

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