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fronte a lui.   
   «Da quanti anni sei in servizio?» domandò con quell'abituale affettazione di rude e affettuosa marzialità con la quale sempre si rivolgeva ai soldati.   
   Il soldato gli rispose. «Ah! Un des vieux!» «Avete ricevuto il riso nel reggimento?»   
   «Sì, Maestà.»   
   Napoleone assentì con il capo e si allontanò.   
   Alle cinque e mezzo, Napoleone si diresse a cavallo verso il villaggio di Ševardino.   
   Cominciava ad albeggiare, il cielo si era rasserenato, soltanto a oriente si stendeva una nuvola. I fuochi abbandonati ardevano ancora nella debole luce del mattino.   
   A destra echeggiò, cupo e isolato, un colpo di cannone, rimbombò e si spense nel silenzio generale. Passarono alcuni minuti. Echeggiò un secondo, un terzo sparo, l'aria tremò: un quarto e un quinto tuonarono da vicino e solennemente, a destra.   
   Napoleone si avvicinò con un seguito al ridotto di Ševardino e scese da cavallo. Il gioco era cominciato.   
   

   Capitolo XXX   

   
   Tornato dalla visita fatta al principe Andrej a Gorky, Pierre diede ordine al palafreniere di preparare i cavalli e di svegliarlo la mattina presto. Subito dopo si addormentò dietro al tramezzo, nell'angolo che Boris gli aveva ceduto.   
   Quando Pierre, il mattino dopo, si svegliò, nell'isba non c'era già più

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