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anche i soldati di fanteria, giungendo, a volte, in un punto del tutto diverso da quello che gli era stato ordinato. Tutti gli ordini concernenti dove e quando spostare i cannoni, quando mandare i fanti a sparare e quando i cavalieri a calpestare la fanteria russa, tutti questi ordini venivano impartiti dai diretti comandanti delle unità impegnate senza neanche interrogare in proposito Ney, Davoust e Murat e tanto meno Napoleone. Essi non temevano di dover rispondere dell'inosservanza di un ordine o di una disposizione arbitraria, perché in battaglia è in gioco la cosa più preziosa per ogni uomo, la propria vita; e certe volte sembra che la salvezza consista nel fuggire indietro e altre volte nel fuggire avanti e quegli uomini che si trovavano nel fuoco stesso della battaglia agivano secondo lo stato d'animo del momento. In sostanza, tutti questi movimenti avanti e indietro non alleggerivano e non cambiavano la posizione delle truppe. Tutte quelle loro scorribande e gli assalti gli uni contro gli altri non causavano loro quasi alcun danno, ma il danno, cioè la morte e le mutilazioni, veniva inferto dalle palle da cannone e dalle pallottole che volavano dappertutto nello spazio in cui quegli uomini si agitavano. Non appena quegli uomini uscivano dallo spazio su cui volavano palle e pallottole, i comandanti che stavano dietro di loro li riordinavano, li assoggettavano alla disciplina e, sotto l'influsso di questa disciplina, li riconducevano nella zona del fuoco, nella quale di nuovo (sotto l'influsso della paura della morte) perdevano il senso della disciplina e si agitavano secondo lo stato d'animo contingente della folla.   
   

   Capitolo XXXIV   

   
   I generali di Napoleone, Davoust, Ney e Murat, che si trovavano nelle

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