dicevano, ma lo interessasse qualcos'altro nell'espressione del viso, nel tono della voce di coloro che gli facevano il rapporto. Grazie alla sua lunga esperienza militare, Kutuzov sapeva, e con la sua intelligenza di vecchio capiva, che un uomo solo non può dirigere centinaia di migliaia di uomini che lottano con la morte, e sapeva che il destino delle battaglie non è deciso dagli ordini del comandante in capo, né dal luogo in cui si trovano le truppe, né dal numero dei cannoni e degli uomini uccisi, ma da quella forza inafferrabile che si chiama il morale delle truppe, ed egli vigilava su questa forza e la dirigeva per quanto era in suo potere.
L'espressione costante del volto di Kutuzov rivelava un'attenzione assorta e una tensione che vinceva a stento la stanchezza del corpo debole e vecchio.
Alle undici del mattino gli portarono la notizia che le flèches occupate dai francesi erano state di nuovo riprese ma che il principe Bagration era stato ferito. Kutuzov emise un sospiro e scosse il capo.
«Va' dal principe Pëtr Ivanoviè e informati dettagliatamente di che si tratta e come è stato,» disse a uno dei suoi aiutanti, e subito dopo si rivolse al principe Wurttemberg, che stava dietro di lui: «Pregherei Vostra Altezza Reale di assumere il comando della seconda armata.»
Poco tempo dopo la partenza del principe, e prima ancora che egli fosse certamente potuto giungere a Semënovskoe, l'aiutante del principe tornò indietro e riferì a Sua Eccellenza Serenissima che il principe chiedeva delle truppe.
Kutuzov si accigliò: mandò a Dochturov l'ordine di assumere il comando della seconda armata e pregò il principe di ritornare da lui, dicendo che non poteva farne a meno in quegli importanti momenti. Quando fu portata la notizia che Murat era stato fatto prigioniero e gli ufficiali di stato