tumulo.
Era Raevskij, che aveva passato tutta la giornata nel punto principale del campo di battaglia di Borodino.
Dopo averlo ascoltato, Kutuzov disse in francese:
«Vous ne pensez donc pas comme les autres que nous sommes obligés de nous retirer?»
«Au contraire, Votre Altesse, dans les affaires indécises c'est toujours le plus opiniâtre qui reste victorieux,» rispose Raevskij, «et mon opinion...»
«Kajsarov!» chiamò ad alta voce Kutuzov il suo aiutante di campo. «Siediti e scrivi l'ordine del giorno per domani. E tu,» si rivolse egli a un altro, «va' sulle linee e annuncia che domani attaccheremo.»
Mentre si svolgeva la conversazione con Raevskij e si dettava l'ordine del giorno, Wohlzogen ritornò e riferì che il generale Barclay de Tolly avrebbe desiderato avere una conferma scritta dell'ordine che aveva dato il feldmaresciallo.
Senza guardare Wohlzogen, Kutuzov ordinò di scrivere quell'ordine, che l'ex comandante in capo desiderava, assennatamente, avere per evitare ogni responsabilità personale.
E a causa di quell'indefinibile, misterioso legame che manteneva in tutto l'esercito un solo stato d'animo comune, detto spirito d'un esercito, cosa che costituisce il nerbo principale della guerra, le parole di Kutuzov, il suo ordine per la battaglia dell'indomani si diffusero simultaneamente in tutti i reparti dell'esercito.
Non erano certamente le stesse parole, lo stesso ordine a giungere all'ultimo anello della catena. Anzi, non c'era nulla di simile a ciò che Kutuzov aveva detto nei racconti che passavano da un soldato all'altro,