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giungendo fino alle varie estremità dell'esercito, ma il senso delle sue parole si propagò dappertutto, perché ciò che Kutuzov aveva detto non scaturiva da ingegnose considerazioni ma dal sentimento che stava nell'anima del comandante in capo come nelle anime di ogni russo.   
   E, saputo che l'indomani noi avremmo attaccato il nemico, udito dalle alte sfere dell'esercito la conferma di ciò in cui tutti volevano credere, gli uomini esausti e vacillanti si confortavano e si rinfrancavano.   
   

   Capitolo XXXVI   

   
   Il reggimento del principe Andrej era fra le riserve che rimasero inattive dietro Semenovskoe fino alle due, esposte a un forte fuoco d'artiglieria. Dopo le due, il reggimento, che aveva già perso più di duecento uomini, fu spostato in avanti su un campo d'avena calpestato, in quel tratto fra Semenovskoe e la batteria del tumulo e in cui quel giorno erano stati massacrati migliaia di uomini e dove alle due del pomeriggio si localizzò un fuoco intenso e concentrato di varie centinaia di cannoni nemici.   
   Senza muoversi da quel posto e senza sparare neanche un colpo, il reggimento perse qui un altro terzo dei suoi effettivi. Davanti e specialmente sul fianco destro, in mezzo a un fumo che non si dileguava, i cannoni tuonavano; e, da quella misteriosa distesa di fumo che avvolgeva tutta la località davanti al reggimento, arrivavano senza posa e con un rapido fischio sibilante le palle di cannone, e con un lento zufolio le granate. Certe volte, come per concedere riposo, passava un quarto d'ora durante il quale tutte le palle e le granate volavano oltre, ma qualche volta, nel corso di un minuto, il reggimento perdeva, e incessantemente si

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