s'interrompevano mai. Siccome la condizione fondamentale dell'attività è l'ordine, nel suo modo di vivere l'ordine era spinto fino all'estremo della precisione. Le sue comparse a tavola avvenivano sempre nelle stesse invariabili circostanze: non soltanto alla stessa precisa ora, ma addirittura allo stesso minuto. Con le persone che lo circondavano, dalla figlia ai servitori, il principe era aspro e sempre molto esigente; cosicché, pur non essendo cattivo, incuteva un timore e un rispetto che non avrebbe ottenuto facilmente nemmeno il più crudele degli uomini. Sebbene fosse a riposo e non avesse ormai più alcuna autorità negli affari di Stato, ogni nuovo capo del governatorato entro il cui territorio si trovava la tenuta del principe, reputava suo dovere andarlo ad ossequiare, e né più né meno come l'architetto, il giardiniere o la principessina Mar'ja, doveva attendere l'ora designata nella quale il principe sarebbe apparso nel grande studio. E ognuno, in quel salone, provava lo stesso sentimento di rispetto e perfino di paura, quando si apriva l'enorme e altissima porta e, in parrucca incipriata, appariva la non alta figura del vecchio con le piccole mani magre e asciutte e le grigie sopracciglia spioventi che talvolta, quando egli si aggrondava, celavano il lampo degli occhi scintillanti e ancor giovanili.
Il giorno dell'arrivo della giovane coppia, la principessina Mar'ja entrò come al solito nello studio, all'ora mattutina stabilita, per il saluto giornaliero al padre. Timorosa si fece il segno della croce e recitò dentro di sé una preghiera. Ogni giorno entrava nello studio e ogni giorno recitava una preghiera affinché quell'incontro quotidiano si svolgesse felicemente.
Il vecchio servitore incipriato seduto nello studio si alzò con un movimento silenzioso e disse in un bisbiglio: «Accomodatevi.»