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   Di dietro la porta si udiva il rumore regolare del tornio. La principessina s'inoltrò timidamente oltre la porta, che si apriva dolce e scorrevole, e sostò sulla soglia. Il principe lavorava al tornio. Si volse a guardare e continuò nel suo lavoro.   
   L'immenso studio era pieno di oggetti, e si capiva che venivano continuamente adoperati. La grande tavola sulla quale erano posati libri e planimetrie di edifici, gli alti armadi a vetri della biblioteca con le chiavi agli sportelli, una tavola alta per scrivere stando in piedi, sopra la quale c'era un quaderno spalancato, il tornio con gli arnesi ben disposti e con i trucioli sparpagliati attorno; tutto rivelava un'attività costante, varia e ordinata. Dai movimenti del piccolo piede, calzato in uno stivaletto tartaro ricamato d'argento, dal fermo premere della mano magra e muscolosa si avvertiva ancora nel principe il vigore saldo e tenace di una vegeta vecchiaia. Dopo alcuni giri, egli staccò il piede dal pedale del tornio, soffregò lo scalpello, lo gettò in una sacca di cuoio applicata al tornio e, avvicinatosi alla tavola, chiamò a sé la figlia. Egli non benediceva mai i suoi figli; offerse la guancia ispida, quel giorno non ancora sbarbata, e si limitò a dire, dopo averla guardata in modo severo e carico al contempo di affettuosa attenzione:   
   «Stai bene?... be', siediti allora!»   
   Prese il quaderno di geometria scritto di suo pugno e avvicinò con il piede la propria poltrona.   
   «Per domani!» disse, cercando rapidamente la pagina e segnando da un paragrafo all'altro con l'unghia robusta.   
   La principessina si chinò verso il tavolo sopra il quaderno.   
   «Aspetta, c'è una lettera per te,» disse improvvisamente il vecchio. Tolse da una sacca una busta vergata da mano femminile, e la gettò sulla

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