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tavola.   
   Alla vista della lettera la faccia della principessina si coperse di macchie rosse. La prese in fretta e si chinò verso di essa.   
   «Da parte di Eloisa?» domandò il principe mettendo in mostra con un freddo sorriso i denti giallastri, ancora forti.   
   «Sì, è di Julie,» disse la principessina con un timido sguardo e un timido sorriso.   
   «Due lettere le lascerò ancora passare, ma la terza la leggerò,» disse severamente il principe. «Temo che vi scriviate delle stupidaggini. La terza la leggerò.»   
   «Leggete anche questa, se volete, mon père,» rispose la principessina, arrossendo ancora di più e porgendogli la lettera.   
   «La terza, ho detto la terza,» gridò recisamente il principe, respingendo la lettera; e, appoggiatosi al tavolo, spostò il quaderno con le figure di geometria.   
   «Dunque, egregia signorina,» cominciò il vecchio, chinandosi sopra il quaderno, vicinissimo alla figlia, e poggiando una mano sullo schienale della seggiola sulla quale essa sedeva, cosicché la principessina si sentiva avvolta da ogni parte in quell'odore del padre, un odore di tabacco acre e senile, che conosceva da tanto tempo. «Dunque, egregia signorina, questi triangoli sono eguali; degnati di vedere, l'angolo abc...»   
   La principessina sbirciava spaurita gli occhi del padre che scintillavano vicinissimi a lei; sulla sua faccia le chiazze rosse si allargavano; si vedeva che non capiva nulla e aveva tanta paura, che la paura le impediva di capire tutte le spiegazioni del padre, per chiare che esse fossero. Fosse colpa del maestro o dell'allieva, fatto sta che ogni

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