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alla testa.   
   

   Capitolo IX   

   
   Appena Pierre ebbe messo la testa sul cuscino, sentì che si addormentava; ma, a un tratto, con la chiarezza della realtà, udì il bum-bum-bum delle cannonate, i lamenti, le grida, lo scoppio degli obici, sentì l'odor del sangue e della polvere e un senso di orrore, la paura della morte lo invase. Aprì gli occhi spaventato e sollevò la testa di sotto il cappotto. Tutto era quieto nel cortile. Soltanto nel vano del portone c'era un attendente che camminava chiacchierando con il portiere sguazzando con i piedi nel fango. Sul capo di Pierre, nel buio sospeso sotto le tavole della tettoia, si agitarono i piccioni, allarmati dal rumore che fece alzandosi. In tutto il cortile era diffuso l'odore, acre e pacifico, della locanda, così gradevole per Pierre in quel momento, un odore di fieno, di concime e di catrame. Fra le due tettoie nere s'intravedeva il limpido cielo stellato.   
   «Grazie a Dio, è finita... » pensò Pierre, coprendosi di nuovo la testa. «Oh, che cosa orrenda è la paura e in che maniera vergognosa mi ci sono abbandonato E loro... loro per tutto il tempo, sino alla fine, sono stati fermi, tranquilli...» pensò. Loro nella mente di Pierre erano i soldati, quelli che stavano alla batteria e quelli che gli avevano dato da mangiare, e quelli che pregavano davanti all'icona. Loro, quegli strani loro che fino ad allora erano per lui degli sconosciuti, nei suoi pensieri si distinguevano chiaramente e nettamente da tutta l'altra gente.   
   «Essere un soldato, un semplice soldato!» pensò Pierre addormentandosi. «Entrare con tutto il proprio essere nella loro vita in comune,

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