gambe si fecero fredde: erano rimaste nude.
Ebbe vergogna e si tirò di nuovo sulle gambe il cappotto che era scivolato via. Mettendo a posto il cappotto Pierre aprì gli occhi e vide le stesse tettoie, i pali, il cortile, ma adesso tutto era azzurrognolo, chiaro, imperlato di gocce di rugiada o di brina.
«Fa giorno,» pensò. «Ma questo mi fuorvia. Devo finire di ascoltare e di comprendere le parole del benefattore.» Si coprì di nuovo con il cappotto, ma né la loggia, né il benefattore si ripresentarono ai suoi occhi. C'erano soltanto delle idee, idee chiaramente espresse con parole, idee che qualcuno esponeva o che lui stesso, Pierre, concepiva.
Ricordando in seguito queste idee, benché fossero collegate alle impressioni della giornata, Pierre si convinse che gli erano state comunicate da qualcuno a lui estraneo. Mai (così gli sembrava) da sveglio sarebbe stato in grado di concepire e di esprimere tali pensieri.
«La cosa più difficile è la sottomissione della libertà dell'uomo alle leggi di Dio,» diceva la voce. «La semplicità è l'obbedienza a Dio: a Lui non puoi sfuggire. E loro sono semplici. Loro non parlano, ma fanno. La parola pronunciata è d'argento, ma quella non pronunciata è d'oro. L'uomo non può nulla finché ha paura della morte. Tutto appartiene a chi non ne ha paura. Se non ci fosse la sofferenza, l'uomo non conoscerebbe i propri limiti, non conoscerebbe se stesso. La cosa più difficile (continuava a pensare o a udire Pierre nel sogno) consiste nel saper raccogliere nella propria anima il significato di tutto. Raccogliere tutto?» si disse Pierre. «No, non raccogliere. Non si possono raccogliere i pensieri, ma attaccarli insieme, tutti questi pensieri, ecco che cosa si deve fare! Sì, bisogna attaccarli, bisogna attaccarli!» si ripeté Pierre con entusiasmo, sentendo che proprio con quelle parole e soltanto con esse si esprimeva