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funzionari - così diversi tra loro, vecchi e giovani, militari e civili; importanti e non importanti - che si trovavano nella stanza. Tutti parevano scontenti e inquieti. Pierre si avvicinò a un gruppo di funzionari fra i quali ce n'era uno che conosceva. Salutato Pierre, essi continuarono la loro conversazione.   
   «A farli uscire e poi a riprenderli non ci sarebbe nulla di male, ma in questa situazione non si può rispondere di nulla.»   
   «Ma ecco qui, lui scrive...» diceva un altro, indicando un foglio stampato che aveva in mano.   
   «Questo è un altro affare. Per il popolo è questo che ci vuole,» disse il primo.   
   «Che cos'è?» domandò Pierre.   
   «Un nuovo manifesto.»   
   Pierre lo prese in mano e si mise a leggere:   
   «Sua Eccellenza Serenissima, il principe Kutuzov per congiungersi al più presto con le truppe che marciano verso di lui, ha oltrepassato Možajsk e si è fermato su posizioni sicure, dove il nemico non potrà prenderlo alla sprovvista. Di qua gli sono stati inviati quarantotto cannoni con munizioni e Sua Eccellenza dice che difenderà Mosca fino all'ultima goccia di sangue ed è pronto a battersi anche nelle strade. Non badate, fratelli, al fatto che i tribunali sono stati chiusi: bisognava mettere al sicuro le pratiche, ma con il criminale ce la sbrigheremo noi da soli per direttissima! Quando si arriverà al punto, avrò bisogno di gente in gamba, della città e delle campagne. Darò la voce un paio di giorni prima, ma adesso non ce n'è bisogno e sto ancora zitto. La scure andrà bene, il bidente non è male, ma la migliore arma sarà il forcone: il francese non è più pesante d'un covone di segale. Domani, dopo pranzo,

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