«Quello? Č un mercante; cioč un oste. Vereščagin.Forse avete sentito anche voi quella storia del proclama...»
«Ah, sicché quello č Vereščagin!» disse Pierre, fissando la faccia ferma e tranquilla del vecchio mercante e cercandovi l'espressione del tradimento.
«Non č proprio lui. Lui č il padre di quello che ha scritto il proclama,» disse l'aiutante. «Quello, il giovane, č in prigione e pare che le cose vadano molto male per lui.»
Al gruppetto si avvicinň un vecchio con una stella al petto e poi un altro, un funzionario tedesco con la croce al collo.
«Vedete,» raccontava l'aiutante, «č una storia molto ingarbugliata. Quel proclama č comparso un paio di mesi fa. L'hanno riferito al conte. Lui ha dato ordine di indagare. E Gavrilo Ivanyč ha fatto ricerche: quel proclama era passato precisamente per sessantatre mani. Va da uno: "Voi da chi l'avete avuto?" "Dal taldeitali." Va da quello: "Voi da chi?" e cosě via finché sono arrivati a Vereščagin... un mercantuccio senza istruzione, sapete, un povero bottegaio qualsiasi,» disse l'aiutante sorridendo. «Loro gli domandano: "Tu da chi l'hai avuto?" L'importante č che noi giŕ sappiamo da chi l'ha avuto. Non poteva averlo avuto che dal direttore delle poste, Ma, evidentemente, erano d'accordo. Dice: "Da nessuno, l'ho scritto io." L'hanno messo alle strette, minacciato; niente, s'č impuntato su quella risposta: l'ho scritto io. E cosě hanno riferito la cosa al conte. Il conte lo ha fato chiamare. "Da chi hai avuto il proclama?" "L'ho scritto io." Be', voi conoscete il conte!» disse l'aiutante con un sorriso fiero e gioioso. «S'č infuriato terribilmente, e del resto immaginatevi che razza di sfrontatezza, di falsitŕ e ostinazione!...»
«Ah! Il conte aveva bisogno che lui denunciasse Ključarëv, capisco!»